Guerriero Murray: la rivincita australiana a tre anni dalle lacrime

Murray, dal (quasi) ritiro al ritorno ad alti livelli

6-1 3-6 6-4 6-7 6-4. Per le statistiche è una partita come le altre 63 del primo turno dell'Australian Open, solo un tantino più importante perché la vittima è Nikoloz Basilashvili, una delle (poche) teste di serie ad aver salutato lo Slam di Melbourne già al primo turno. Ma per Andy Murray, che quella partita l'ha vinta dopo 3 ore e 52 minuti di battaglia, è molto di più. Segna una rivincita, una ripartenza anche in quell'Australia dove tre anni fa si mostrò più fragile che mai, con l'anima a pezzi per colpa di quell'anca maledetta che aveva deciso di rovinargli i piani proprio quando era riuscito finalmente a salire al numero uno del mondo, diventando imbattibile in una seconda metà di 2016 da antologia.

Resurfacing Murray: Amazon gli ha dedicato un documentario

Dopo la sconfitta in cinque set contro Roberto Bautista Agut, lo scozzese si presentò davanti ai giornalisti piangendo come un bambino: spiegò che l'operazione dell'anno precedente aveva funzionato solo in parte, e che non ne poteva più di dover fare i conti con un dolore costante, che decideva al posto suo quando poteva giocare e quando no. Non parlò apertamente di addio ma sembrava finita lì, per lui e per tutti. Invece c'è stato il colpo di scena, con una resurrezione umana e sportiva tale da meritare un docu-film targato Amazon Original, uscito nel 2019 e dal titolo Resurfacing.

Murray è stato il quarto incomodo nel triangolo Federer-Nadal-Djokovic

A tre anni da quella conferenza stampa-confessione Murray è ancora nella mischia a lottare: una nuova protesi all'anca gli ha permesso di tornare a competere senza dolore, e piano piano qualche soddisfazione se l'è presa, pur giocando col contagocce, fra progressi lenti, timori e fastidiose ricadute. La scorsa settimana è tornato a disputare una finale ATP a oltre due anni dall'ultima volta, e ora ecco una vittoria Slam che a Melbourne gli mancava dal lontano 2017, nel grande torneo che più l'ha fatto piangere, anche in campo, con cinque finali tutte perse fra 2010 e 2016. Contro Basilashvili è venuta fuori la classica partita da Murray 2.0: più complessa di quanto sarebbe stata un tempo ma vinta di carattere e cuore, qualità che per anni gli hanno permesso di giocare al quarto incomodo nel triangolo Federer-Nadal-Djokovic.

A quasi 35 anni Murray può pensare solo a divertirsi

Pensarlo capace di tornare grande anche nel ranking mondiale ATP è esagerato: Murray ha quasi 35 anni, un'anca in metallo e un'autonomia tutta da scoprire, visto che la media dei tornei disputati nelle ultime quattro stagioni è di otto all'anno. Pochissimi. Ma l'importante è che sia tornato a divertirsi e divertire, a vincere partite di qualità, a lottare e a sentirsi un tennista a tutti gli effetti, non un quasi ex costretto a pregare ogni volta che c'era da correre un po' più forte.

Può tornare nei primi 100 del mondo: un traguardo simbolico

In attesa di scoprire il suo futuro, il domani di Melbourne riserva a Murray il giapponese Taro Daniel: qualificato, leggerino, poco pericoloso. Vuol dire che il terzo turno lo aspetta a braccia aperte, pronto a portare con sé anche i punti necessari per il ritorno fra i primi 100 del mondo. Un traguardo che per uno del suo spessore significa nulla o quasi, ma gli manca comunque dal maggio del 2018, dato che la dice lunga su quanto poco sia riuscito a giocare (e vincere) nelle ultime stagioni. Riprenderselo rappresenta un altro piccolo ritorno alla normalità, e un modo per ribadire che non è ancora il momento di dire basta. In barba a quell'anca che voleva decidere al posto suo.

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Marco Caldara
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