Il GOAT della gente: nessuno come Federer
La discussione sul GOAT della racchetta (Greatest of All Time: il più forte di sempre) è più aperta che mai, perché Novak Djokovic, Roger Federer e Rafael Nadal sono appaiati a quota 20 titoli del Grande Slam ciascuno, cifra mai raggiunta da nessun'altro, e i fattori in gioco rimangono talmente tanti che una risposta definitiva non esisterà probabilmente mai. Non ci sono dubbi, invece, su chi sia il più amato della storia, come ribadito (ma non ce n'era bisogno) dall'edizione 2021 del premio ATP per il "fans favourite", il giocatore più amato dal pubblico. Si vota online, e per il diciannovesimo anno consecutivo la statuetta è finita a Roger Federer, di gran lunga il più apprezzato dagli appassionati di tutto il mondo, per i quali è diventato una sorta di divinità da venerare, prima ancora che da tifare.
Federer come una divinità: uno spettacolo senza eguali
Federer, classe 1981, ha raggiunto quella dimensione - comune a pochissimi sportivi - nella quale i suoi risultati non contano più nulla, perché nessuno come lui ha saputo entrare nel cuore degli appassionati, toccando i sentimenti più profondi. Lui si augura ancora di poter vincere un grande torneo per l'ultima volta, ma ormai al pubblico interessa solo che ci sia ancora, anche se sempre meno a causa dei ripetuti problemi fisici che nelle ultime due stagioni gli hanno permesso di giocare la miseria di venti partite. Eppure, il campione di Basilea rimane il più pagato dagli sponsor e il più conteso dai tornei, e il fatto che le sue presenze nel Tour siano diventate così rare le rende ancora più attese, sentite, preziose. Oggi ogni suo match è diventato una sorta di apparizione, uno di quegli eventi da osservare con ammirazione, in silenzio, per godere una volta di più di uno spettacolo di tecnica e classe senza eguali, e che potrebbe finire presto.
Lo splendido ritorno del 2017 e il numero uno a 36 anni
Per anni e anni non ci sono stati dubbi su chi fosse il più forte di tutti. Federer era il prescelto degli dei: vinceva più degli altri, incantava con grande eleganza e sembrava destinato a polverizzare ogni record. Poi è arrivato Rafael Nadal, diventato il suo più grande avversario, quindi anche Novak Djokovic, che si è inserito nella rivalità e ha saputo trasformarsi nel più forte del gruppo, facendo cose impensabili anche per gli altri due. Ma Roger, malgrado l'età, è sempre rimasto lì, con la voglia di un ragazzino, combattendo contro gli acciacchi e contro chi lo dava per finito. Fino allo storico ritorno di fiamma del 2017, quando è tornato a vincere un torneo del Grande Slam dopo quasi cinque anni di digiuno, al termine della splendida finale contro Nadal all'Australian Open, densa di spettacolo, emozioni e significati.
La delusione di Wimbledon 2019 e l'ultimo grande sogno
Dopo quel trionfo a Melbourne, Roger avrebbe vinto anche Wimbledon e poi di nuovo l'Australian Open, salendo a quota 20 Slam e tornando in testa alla classifica mondiale (guidata per 310 settimane in carriera) a quasi 37 anni, e a cinque abbondanti dall'ultima volta. Poi, complici gli acciacchi dell'età, è iniziato il lento declino, con la finale di Wimbledon 2019 come probabile ultima chance per fare qualcosa di enorme, fallita insieme ai due match-point mancati per scippare il titolo a Djokovic. Coi 38 anni dietro l'angolo sarebbe stata la più grande impresa della sua immensa carriera, invece è rimasta a un solo punto e da lì in poi è cambiato tutto, fino a due stagioni a singhiozzo (e senza titoli), e vari tentativi di rientro andati così così. Ma ciò che non è cambiato - e non cambierà mai - è l'amore della gente per il proprio Re, che progetta un'ultima grande apparizione nel 2022. Per dire addio come vuole lui, e non come pretendono gli infortuni.
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Marco Caldara
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