Pichichi, il goleador che incantò la Liga
Tutti i grandi centravanti della storia che sono passati ne La Liga l’hanno vinto.
C’è chi ne ha vinti 7 come Messi, chi 3 come Cristiano Ronaldo, e chi solo uno come Ronaldo il Fenomeno. Persino un italiano l’ha vinto nel 2001. Rimane comunque il premio individuale più prestigioso del campionato spagnolo.
Il significato di Pichichi?
È il titolo di capocannoniere. E se lo vinci, diventi Pichichi de La Liga.
Qui la Classifica capocannonieri e marcatori della Liga e dei migliori campionati aggiornata in tempo reale.
Si possono dire tante cose riguardo a questo trofeo, tanti dati statistici, ma questo rispetto al titolo di capocannoniere degli altri campionati europei ha qualcosa di differente, un fascino che sa di leggenda. Se lo vinci entri a fare parte di una cerchia di pochi eletti baciati dal dio del Fútbol, gente che ha fatto la storia di questo sport indipendentemente dai colori della casacca della tua squadra del cuore.
PICHICHI, STORIA DEL LEGGENDARIO GOLEADOR
Ma da dove ebbe inizio tutto questo? Per scoprire la storia di questo trofeo bisogna tornare indietro di quasi 130 anni, più precisamente al 1892, quando a Bilbao il 23 di maggio nasceva un ragazzo mingherlino che avrebbe fatto la storia del calcio spagnolo. Questo ragazzo si chiamava Rafael Moreno Aranzadi e nella sua corta carriera di calciatore riuscirà a siglare la bellezza di 200 reti in sole 170 partite. Una media incredibile, considerando che quel bambino, a calcio, non ci avrebbe nemmeno dovuto giocare.
Si, perché come per tutte le storie di calcio che si rispettino, c’è sempre una sorta di magia nascosta che fa in modo che la vita del giocatore e quella del pallone si incrocino. Ed è questa magia che noi appassionati di questo sport dovremmo sempre ringraziare.
Ma torniamo al racconto vero e proprio. Rafael è uno dei 5 figli di una famiglia molto prestigiosa di Bilbao, col padre che è una delle persone più politicamente influenti della zona (farà anche il sindaco nella capitale basca). Per assecondare il volere del papà il giovane si iscrive prima al liceo e poi alla facoltà di diritto, ma è proprio in questi anni che si innamora del pallone. La zona di Bilbao, essendo direttamente affacciata sul mare, ospita l’arrivo di decine di navi mercantili inglesi. Si, perché come leggenda vuole, il Football l’hanno Inventato loro. E lo insegnano anche a Rafael, ignari del fatto che sarebbe nata una stella.
Sin dalle prime partitelle infatti i compagni fanno a gara per averlo in squadra. Il ragazzo è molto gracile e mingherlino, ma con i piedi ci sa fare. Eccome se ci sa fare. Aveva un fiuto del goal innato e quando partiva palla al piede non si riusciva a fermare. Chiaramente oggi non abbiamo filmati, ma dalle descrizioni sembrerebbe un Pippo Inzaghi con il dribbling di un brasiliano. Era praticamente immarcabile. Lo mandavi a destra e lui se ne andava a sinistra, la sua velocità ti confondeva. E poi era sempre maledettamente al posto giusto nel momento giusto. Aveva semplicemente un’intelligenza calcistica troppo evoluta per quegli anni. E l’Athletic Club De Bilbao non ci mette molto a capirlo.
L'AFFERMAZIONE NEL MONDO DEI GRANDI, PICHICHI
Arriva infatti nel 1910 la firma per entrare a fare parte del club, quando Rafael aveva soli 18 anni, ed è anche per questo che durante il primo anno rimane sempre fuori per tutti i 90 minuti. Il ragazzo però non si sfiducia e matura giorno dopo giorno, tanto che all’inizio della stagione del 1911 esordisce in prima squadra. Da quel momento niente e nessuno gli farà più levare la maglietta bianco rossa del suo amato club basco.
Con l’Athletic è amore vero. Come ai giorni nostri potrebbe essere il Del Piero della Juve. Rafael è consapevole di essere il più forte di tutti (sarà anche il primo giocatore di calcio stipendiato della squadra), ma nonostante questo rimane umile e si fa benvolere da tutti in città. Il suo bottino finale con la maglia basca narra di 200 reti in 170 presenze, una media goal di quelle che segnano un’epoca. Le reti per lui sono un qualcosa di naturale. Non sembra nemmeno fare fatica. Mette i palloni in porta con una naturalezza che sembra sia nato solo per fare quello.
PICHICHI: LA TRISTE FINE
Ma il destino alle volte, come spesso capita alle leggende, finisce sempre per essere crudele. D’altra parte, siamo in Spagna, terra di grandi artisti con la testa sulle nuvole. Prendiamo per esempio il pittore Gaudí, artista simbolo dell’arte di Barcellona e morto per essere stato investito da un tram perché rivolto con la testa verso il cielo. Il destino di Rafael, sfortunatamente, non ha voluto essere da meno. Infatti, alla giovane età di 29 anni, dopo essersi ritirato da due stagioni per dedicarsi alla famiglia e a sua figlia Isabel (avuta con la compagna Avelina Rodriguez), un fatidico giorno decise di mangiare un piatto di cozze risultate poi avariate, che gli causarono una forma di tifo fulminante che non gli lasciò scampo. Il mare gli portò il pallone, e sempre lo stesso mare fu la sua rovina.
Nonostante la morte prematura la sua figura mitologica ovviamente continua ad essere venerata dai cultori del fútbol, tanto che dal 1926 fuori dal San Mamés (lo stadio di Bilbao) è presente una sua statua affinché non si dimentichi mai il talento cristallino di un giocatore d’altri tempi.
Si, perché sicuramente non avrà la stessa fama di Lionel Messi o Cristiano Ronaldo, non si ricorderà come si fa con Di Stefano e Puskas, ma c’è una cosa che accomuna tutti questi grandi nomi del calcio. Tutti in bacheca hanno un trofeo con un nome. Che non è il loro ma il suo. Quello del leggendario bomber basco, vissuto in un’epoca diversa dalla nostra, ma talmente forte da essere sopravvissuto al tempo. Rafael Moreno Aranzadi. Al Pichichi.
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Alessio Russo
Betscanner