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Analisi Nba: Dallas Mavericks vs Boston Celtics
Martedì 23 Gennaio

Analisi Nba: Dallas Mavericks vs Boston Celtics

Dallas Mavericks - Boston Celtics: analisi della partita della notte

 

 

Boston convince, Dallas va a singhiozzo. Il succo di Mavs-Celtics è tutto qui: all’American Airlines Center in Texas finisce 119-110 per gli ospiti che ribadiscono la differenza di categoria, quella tra una squadra che punta al titolo Nba e una che può aspirare ai playoff. Si vedono una marea di triple, addirittura 86, sono le due squadre che ne prendono di più e l’Nba del 2024 è questa come stile, che piaccia o meno. Si ammira la tripla doppia di Luka Doncic, la 64ma di carriera, più scontata del rinnovo annuale del bollo dell’auto, nella I feel Slovenia night dedicatagli dai Mavericks come tema dell’Arena. Da 33 punti, 18 rimbalzi e 13 assist, ma litiga col tiro dalla distanza, la prima tripla gli entra solo nell’ultimo quarto, quando la partita è già compromessa. Si ammirano i 73 punti “di coppia” del tandem Tatum-Brown, col primo che ne mette a tabellino 39 e il secondo 34, ma quelli decisivi, da “closer” per usare un’espressione presa in prestito dal baseball. Boston impressiona nella seconda serata di partite consecutive pur senza Kris Porzingis, tenuto fuori per precauzione, per preservarne un ginocchio. I verdi salgono 34-10, miglior record Nba. Dallas va a sprazzi, adolescenziale come atteggiamento: picchi e picchiate, esalta e fa disperare. Insomma, siamo alle solite. Immatura per grandi ambizioni, oltre quel che racconta il 24-19 di record. Anche i texani avevano un’assenza cruciale, quella dell’australiano Exum, fuori causa da 9 partite, ma ormai prossimo al rientro.

 


DALLAS COSA VA 

 

Doncic deve essere un marziano che ci hanno prestato per farci divertire. Si conferma di un altro pianeta: attacca il ferro come un carro armato, lento, ma inesorabile, impossibile da fermare per tutti i Celtics, per i super difensori perimetrali Holiday e White, per Brown e per Horford, stavolta titolare da centro al posto del cristallo lettone. E poi Luka tira giù rimbalzi che pare Drummond e dispensa assist come fossero cioccolati da offrire a compagni di squadra ingordi sì, ma di canestri. I Mavs hanno il dovere di costruirgli attorno un cast di supporto adeguato: Mark Cuban ha passato la mano come proprietario, ma resta al comando delle operazioni di basket. Deve prendere atto di aver sbagliato la mossa Kyrie Irving e trovare 4 giocatori funzionali allo sloveno, guardando avanti. Uno c’è già, da sviluppare: il lungo matricola Derek Lively, gran stoppatore, perfetto per schiacciare sugli aadi Doncic e punire a rimbalzo offensivo i raddoppi su di lui. Per il resto siamo in alto mare, anche se il Golfo del Messico dista parecchio dalla Big D, in Texas. 


DALLAS COSA NON VA 

 

Irving e Doncic giocano ognuno per conto suo. Doppioni, incompatibili in attacco e ancor di più in difesa. Dallas è addirittura 11ma per punti concessi nella sola Western Conference,  ne concede 117.4 ogni sera ai suoi avversari. Troppi. Irving, che chiude la partita con 23 punti, trova ritmo quando Luka è in panchina. Per il resto è diligente e si accontenta di un posto in seconda fila dietro allo sloveno, ma non è l’uomo giusto al posto giusto, al momento giusto. Con Brunson Dallas ha giocato la finale a Ovest due stagioni fa, con Kyrie niente playoff lo scorso anno e ora fronteggia la minaccia di un play-in per nulla scontato all’orizzonte, i texani oggi sono ottavi a Ovest e in frenata, oltretutto. Poi Doncic difende quando ha voglia, soprattutto sulla palla, lo appassiona di più protestare con gli arbitri. E Grant Williams si conferma acquisto disastroso: i Mavs ci sono cascati, abbagliati dal miraggio di quel che avevano intravisto proprio in maglia Celtics: giocatore modesto di ruolo, esaltato (sino a un certo punto) da un sistema efficiente. Un po’ quello che è successo a tanti comprimari Heat: in vetrina a Miami, altrove irriconoscibili: brillavano di luce riflessa. L’idea di Coach Kidd di tre giovani super atleti di energia per completare il quintetto di fianco alle due stelle è comprensibile, ma Josh Green non è ancora né carne né pesce, e Derrick Jones è limitato, oltre le straordinarie doti di elevazione. Al solito dalla panchina svetta Hardaway, che segna 15 punti nel solo 2° quarto, ma è cattivo segno se diventa lui quello che deve salvare la patria…

 


BOSTON COSA VA 

 

Vittoria da squadra matura. Ingranando e scalando marce a piacimento. Avanti 65-59 a metà gara, 94-83 dopo 36’, capace di evitare la volata con Doncic e Irving contro. Boston è equilibrata, oltre ad avere qualità: terza per rating offensivo, seconda per quello difensivo. I primi 5 giocatori non temono paragoni, neppure tra le avversarie più accreditate in prospettiva titolo: forse solo Denver può vantare un quintetto base di questo livello, per valore assoluto e assortimento. Avere Horford come sesto uomo è un lusso, come ha ribadito stavolta, tornato titolare. I Jays hanno furoreggiato. Tatum ha segnato 13 punti nel primo quarto, rispondendo al 19-12 iniziale dei Mavs e alzando l’asticella delle difficoltà per gli avversari. Boston è la squadra migliore Nba nel primo periodo, segna 31.3 punti di media nei primi 12’, + 4.8 di differenziale sugli avversari. Brown poi ha chiuso i conti nell’ultimo quarto, in particolare con un gioco da 4 punti cruciale. Mazzulla gli ha affidato la palla per più possessi quando i texani hanno provato a rifarsi sotto e lui ha ripagato la fiducia. Tra l’altro è stato fisico in difesa su Doncic, gli ha messo le mani addosso, per la rabbia dello sloveno. Derrick White, candidato All Star, ha segnato appena 6 punti, eppure non se n’è accorto nessuno. I Celtics hanno tante opzioni offensive, possono superare indenni la serata storta di un singolo. Il gruppo è compatto nonostante le recenti delusioni playoff, come dimostra la regolarità di rendimento, l’affidabilità su livelli d’eccellenza. E Boston ha vinto le prime 20 partite al Garden, di fronte ai propri tifosi, prima di arrendersi ai trucchi di Jokic. Se saprà chiudere la stagione come testa di serie numero 1 a Est il vantaggio campo ai playoff potrebbe rivelarsi decisivo. 

 


BOSTON COSA NON VA 

 

Vincono e perdono in base alle percentuali dal perimetro, a volte esagerano. Pritchard, Hauser e Kornet sono giocatori decenti, ma non trascendentali. Qualcosa sul mercato per la panchina andrebbe aggiunto, da qui alla scadenza degli scambi dell’8 febbraio. Poi i Jays sono eccellenti, ma Boston non ha un fenomeno alla Antetokounmpo, Embiid o Butler. Il loro miglior giocatore non è forte quando il miglior giocatore della concorrenza, mettiamola così. Brown a volte si intestardisce a tirare da fuori quando vicino al canestro sarebbe più efficace, Tatum se gli concedi spazio diventa implacabile, ma le letture di gioco contro le difese schierate, specie in volata, non sono sempre le più lucide. E dipende tanto dai fischi arbitrali che sono più generosi in stagione regolare che ai playoff. Poi la concorrenza a Est è tosta: Giannis vicino adesso ha Lillard, Embiid sta giocando la sua miglior pallacanestro, Miami non va mai sottovalutata e New York e Cleveland crescono bene. Insomma, i Celtics guardano tutti dall’alto, vincono e convincono, ma in prospettiva playoff non possono dare nulla per scontato. 

 

Riccardo Pratesi

Twitter: @rprat75


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