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Analisi Nba: Clippers - Timberwolves
Mercoledì 13 Marzo

Analisi Nba: Clippers - Timberwolves

Los Angeles Clippers - Minnesota Timberwolves: analisi della partita della notte

 

L’impresa clamorosa e la caduta rovinosa. Gli infortuni illustri, il copione iniziale di partita rovesciato con un finale a sorpresa che avrebbe fatto invidia ad Agatha Christie. E gesta di Edwards da film fantasy, che nemmeno in Dune 2, aggiustamenti e lavori in corso che neppure sulla Salerno-Reggio Calabria…Los Angeles Clippers-Minnesota Timberwolves è stata tutto questo, non ci ha fatto mancare nulla. Minny ha sbancato la crypto.com arena 118-100 trascinata dai 37 punti di Ant, rimontando da -22, aggiudicandosi la serie stagionale 3-1 e staccando i Clippers di tre partite nella classifica della Western Conference, la distanza fra terzo e quarto posto. 

 


LOS ANGELES COSA FUNZIONA 

 

Beh, il record è ottimo. Bisogna sempre partire dai fatti in ogni analisi che si rispetti e il 41-23 parla chiaro. A Est varrebbe il secondo posto. Nonostante troppi galli nel pollaio, Leonard, George, Harden e Westbrook, tutti con personalità debordanti ed effetti collaterali comprovati, lo spogliatoio pare aver trovato un equilibrio, una dinamica funzionale. Le vittorie certo hanno aiutato, vedremo se nelle eventuali difficoltà sarà lo stesso. Norman Powell la scorsa notte non ha brillato, fermandosi a 11 punti, ma in assoluto è candidato forte come sesto uomo Nba dell’anno. Se la gioca con Monk, probabilmente. Porta in dote 13.8 punti dalla panchina, atletismo, capacità muovere la retina sia attaccando il ferro che bersagliando da 3 punti. Il tedesco Daniel Theis è stata aggiunta preziosa del mercato di riparazione: più solido di Plumlee, fa il suo da primo cambio del centro su entrambi i lati del campo. Contro i Wolves ha segnato 10 punti in 15’ di impiego, assestando un paio di stoppate e chiudendo con +3 di plus/minus, il punteggio con lui sul parquet. I Clippers quando “girano” tutti fanno paura, non per caso erano saliti 57-35 nel 2° quarto. Il talento diffuso è clamoroso e sono lunghi per rotazione come pochissime altre squadre che puntano alle Finals. Mann è attivo e intenso in difesa, il pur legnoso Zubac quando ha il tempo di “fare le sue cose” per quanto scolastico sa trasformare quel gancetto in due punti. L’ha fatto persino contro Gobert. E poi i Clippers hanno le stelle, lo star power, condizione indispensabile in una logica Nba per far strada ai playoff. I grandi nomi, da ultimo possesso. Pure troppi, semmai. 


LOS ANGELES COSA NON FUNZIONA 

 

Il crollo senza Leonard è stato verticale. Il tilt di un flipper, il #Facebookdown di qualche giorno fa. Repentino e prolungato. Kawhi Leonard ha lasciato l’Arena dopo il 1° quarto, giocato interamente, per spasmi alla schiena. Bruttissimo segnale. Al di là dell’eventuale riposo che gli possa servire per recuperare e delle eventuali partite che sia costretto a saltare. I Clippers ai playoff andranno sin dove li porterà Kawhi, il campione tra tanti ottimi giocatori non più al loro top di carriera, e se ai troppi stop del recente passato si aggiungono queste evidenze di logorio atletico c’è poco da stare allegri, nella città degli angeli. Russ Westbrook è fuori causa dal 1 marzo per la frattura della mano nel frattempo già operata. Al di là delle facili e superficiali ironie da social media il suo apporto di entusiasmo, esuberanza atletica, mentalità sempre sul pezzo e l’innegabile carisma mancano ai Clippers. Ai playoff ci sarà, col suo contributo nella seconda unità di Lue.
James Harden fa una fatica dannata a produrre continuità su livelli d’eccellenza. E’ ancora in grado di produrre le sporadiche grandi giocate, che sia un canestro o un assist “di rango”, dentro la partita e di partita in partita. Ma non è più il closer offensivo di una volta. Piu ancora della sfida con Minny è stata quella precedente a ribadirlo. Allora mancavano Leonard e George, la tavola in attacco era apparecchiata per lui nel finale punto a punto. E la sua è stata una cilecca frustrante, esasperata dalle prestazioni da fenomeno in volata di Lillard sulla metà campo opposta. 

 


MINNESOTA COSA FUNZIONE 

 

Di nuovo: partiamo dal record, lì da vedere. Indiscutibile. 45-21 è poco sotto, in proiezione, rispetto al migliore di sempre nella storia di franchigia, il 58-24 del 2004. Inatteso, persino, considerato il rendimento in chiaroscuro della passata stagione. La reazione sotto di 22 punti a Los Angeles, fuori casa, contro una signora squadra, dopo due sconfitte di fila, quando mollare la partita sarebbe stata natura umana, dopotutto, è stata da grande squadra. Che ha due certezze inscalfibili: un’identità difensiva superba, il miglior rating difensivo Nba, 108.3, anzitutto. A prescindere dai protagonisti la mentalità è rimboccarsi le maniche nella metà campo del proprio canestro e difenderlo a ogni costo su ogni dannato possesso. Qualcosa di raro nella Nba contemporanea, una cabina telefonica nel centro storico cittadino…E poi Ant Edwards, naturalmente. Fenomeno autentico, a soli 22 anni. Atleticamente è uno scherzo della natura, persino. Fa cose che non dovrebbero essere possibili, ragionando secondo logica. E gli istinti di pallacanestro sono superbi. Ha addirittura movenze jordanesche, per quanto possa suonare come blasfemia cestistica. Ha attaccato il canestro, a casa Clippers, feroce come un piranha. Quando entra in ritmo alle difese avversarie va solo augurato in bocca al lupo, gli antidoti sono relativi. I limiti di Ant sono di ragionamento e comprensione delle cose di basket, limiti del ragazzo che non è certo Conley o Anderson fuori dal campo come beautiful mind, e che si riverberano anche sulla sua pallacanestro, giocoforza. Esperienza e maturità cestistica aiuteranno, sotto questo aspetto anche se non sarà mai Jokic o LeBron per intelligenza cestistica. Ma ragazzi/e, quando inserisce il turbo e mette il ferro avversario nel mirino è comunque un belvedere eh…Si diceva di Slo-Mo: parte titolare in assenza di Towns e delizia con passaggi tipo quelli per i canestri comodi di McLaughlin e Reid nel 4° quarto, illuminanti, col suo gioco cerebrale e vecchia scuola. Conley ha mandato a bersaglio 5 triple, è il leader carismatico di cui i Wolves hanno sempre bisogno, la coperta di Linus cui aggrapparsi quando serve velocità di pensiero, più che di piedi. Gobert ha dominato a rimbalzo e schiacciato per il sorpasso Wolves del 69-68, canestro cruciale per sceneggiatura. Si è fatto male nel finale (costole), si attendono aggiornamenti. I suoi limiti offensivi sono noti, ma porta comunque tanto alla causa da renderli effetto collaterale sopportabile. Ah Alexander-Walker ha indovinato la serata da realizzatore: tiratore di striscia, quando azzecca la serata giusta ha queste esplosioni, stavolta da 28 punti, dalla panchina. Basta non aspettarsele ogni volta…

 


MINNESOTA COSA NON FUNZIONA 

 

L’infortunio di Karl-Anthony Towns, al menisco del ginocchio sinistro, stessa diagnosi di Embiid che è fuori causa per almeno due mesi, lo terrà intanto lontano dalle partite per almeno un mese da adesso, si è appena operato, secondo il recente bollettino medico. Per una squadra che in attacco spesso di incarta da sola, nonostante i picchi di talento di Edwards, è un problema. Con Anderson l’attacco è più intuitivo, ma il tiro da fuori di Kat, che allarga il campo per tutti i Lupi, non è rimpiazzabile con altri interpreti in organico. E comunque senza di lui mancano 22 punti di produzione offensiva per partita. Quando la gara è il bilico, con o senza di lui che non è certo un cuor di leone sotto pressione, e ora parliamo di prospettive playoff, non sarà facile trovare alternative a Edwards che non ha ancora l’età per poter fare tutto da solo in volata. Da questo punto di vista lo star power dei Clippers i Wolves lo invidiano e resta il principale punto interrogativo, guardando avanti. Bello grosso. 

 

Riccardo Pratesi

Twitter: @rprat75


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