Barrow, giovane talento gambiano, è destinato a diventare una stella del calcio
Musa Barrow è "figlio" della prestigiosa cantera atalantina che ormai da anni sforna talenti riuscendo sia a monetizzare che ad ottenere ottimi risultati sportivi. La prima soluzione è stato il destino dell'attaccante gambiano classe 1998. "Il Gabbiano" per i tifosi del Bologna, soprannome dovuto ad un equivoco avvenuto su Premium Sport nel post partita del match Atalanta-Inter, in cui i giornalisti lo chiamarono così pensando fosse il suo soprannome, facendo confusione con la sua nazionalità.
Centravanti dotato di buone caratteristiche tecniche e tattiche, dal fisico longilineo, rapido e scattante, caratteristiche che lo rendono pericoloso nell'attacco in profondità.
La storia di Barrow è diversa da quella della maggior parte dei suoi connazionali
Come confessato prima dal suo agente e poi dal diretto interessato, Barrow ha vissuto una storia diversa rispetto alla maggior parte dei calciatori africani giunti in Europa per cercare fortuna. Ha origini da una famiglia benestante. Perde il padre a soli 2 mesi e vive la sua vita con la madre insegnante, sostenuta dai suo fratelli emigrati in America. Non ha mai quindi sofferto la fame o fatto fatica a raggiungere l'Europa anche se ha dovuto attendere un anno per il visto. E' diventato calciatore anche grazie alla sua determinazione, nonostante l'influenza della propria famiglia che lo spingeva a studiare. Racconta i dettagli lo stesso Barrow in un intervista alla Gazzetta dello Sport del 14 luglio 2020 nella quale si sofferma molto sul suo rapporto con l'altro Musa del Bologna, Juwara:
"io ho avuto una storia diversa. Forse anche per questo porto un grande rispetto per chi ha fatto il suo viaggio. A Musa dico sempre di mandare alla mamma la metà di quello che guadagna. Tanto a lui, per vivere, basta e avanza. Quando io mi guardo, qui a Bologna seguito dall'attenzione di tanti, penso alla mia vita, a quella dei miei coetanei in Gambia e so, non devo dimenticarlo mai, che ho tutte le ragioni per essere felice. Mio padre è morto quando avevo due mesi e io sono rimasto solo con mia madre, che si è fatta in quattro per me. Anche lei era insegnante e grazie al fatto che i suoi fratelli erano emigrati in America e le mandavano dei soldi, noi abbiamo potuto vivere una vita dignitosa. Lei voleva che studiassi, ma io avevo la mania del pallone. Una volta, ero piccolo, mi ricoverarono in ospedale. Anche lì non pensavo altro che al calcio. Il dottore disse a mia madre: "Vedrà che diventerà un campione". La sera mia madre mi doveva venire a cercare perché studiassi. E mi trovava sempre nello stesso posto: lo spiazzo dove giocavamo fino al buio con i miei amici. Noi in Gambia siamo un po' brasiliani. Dateci un pallone e siamo felici. Mi vide lì un osservatore, Sorrentino, che mi fece giocare una partita di prova. Poi, a 14 anni, mi portarono a Bergamo per un provino con l'Atalanta. Andò bene, ma per la legge sui diciotto anni, dovetti tornare in Gambia. E lì è stato duro aspettare. Raggiunta la maggiore età sono tornato a Bergamo. Città che ho nel cuore. Ho molto sofferto per quello che è successo lì con la pandemia. Ho ancora tanti amici in città e ho provato grande dolore con loro, per loro. Quando giocavo nella Primavera c'era una coppia di anziani signori che veniva sempre a vederci. A fine partita mi davano consigli e giudizi. Ora lei è morta di Covid. Come don Fausto Resmini che seguiva noi ragazzi dell'Atalanta. Dico sempre a Musa di ricordarci, noi più di altri, da dove siamo partiti. Nel calcio devi faticare. Se lavori arriva tutto, ma devi essere umile. Tanti miei amici sono stati inghiottiti da quei viaggi disperati. Non posso, non devo dimenticarlo".
Nonostante la giovane età è un ragazzo che dimostra di avere la testa sulle spalle, con una maturità che va ben oltre la sua anagrafica, nonostante il destino con lui sia stato benevolo, è abbastanza umile e cosciente della fortuna ottenuta, apprezzando ogni dettaglio che la vita gli regala.
La carriera calcistica di Barrow: uno dei talenti scoperti dall'Atalanta
"Mi vide un osservatore, Sorrentino, che mi fece giocare una partita di prova. Poi, a 14 anni, mi portarono a Bergamo per un provino con l'Atalanta. Andò bene, ma per la legge sui diciotto anni, dovetti tornare in Gambia. E lì è stato duro aspettare. Raggiunta la maggiore età sono tornato a Bergamo.".
È così che inizia la carriera di Musa Barrow. Per caso. La sua è una di quelle storie che fanno sognare. La storia di un ragazzo che racconta di aver giocato sempre e solo in strada, solo alcune volte in un campetto. Un ragazzo che abitava a 5 minuti a piedi dallo stadio della Nazionale del Gambia, per cui suo fratello lo portava spesso a guardare le partite di calcio. E da lì è nata la sua passione per il pallone.
Arrivato in Italia nel 2016, Barrow esordisce con la Primavera dell'Atalanta solo nel febbraio seguente, mettendosi subito in luce come uno dei migliori calciatori del vivaio nerazzurro. Nel 2018, debutta in prima squadra, giocando sia le partite di campionato di Serie A sia quelle di Coppa Italia e nelle competizioni internazionali: esordisce in Europa League e, poi, nel 2019, in Champions League.
Il 17 gennaio 2020, Barrow passa in prestito con obbligo di riscatto al Bologna, diventando un punto fermo della squadra di Mihajlovic: a fine stagione, nonostante sia arrivato da pochi mesi, i tifosi lo eleggono miglior giocatore rossoblu dell'anno, assegnandogli il "Premio 1000 Cuori Rossoblu". E ormai è diventato intoccabile per il club bolognese.
Alcune curiosità
Barrow racconta che una volta, da piccolo, fu ricoverato in ospedale per una febbre: la mamma gli portò in regalo un pallone da calcio. E lui ci dormiva abbracciato, come se fosse un orsacchiotto di peluche. Il dottore, vedendolo, disse che sicuramente la sua passione e il suo grande amore per il pallone avrebbero fatto di lui un professionista del calcio.
Il suo idolo? Un maestro del calcio internazionale: Zinedine Zidane. Il suo punto di riferimento, il suo modello da seguire. Da piccolo addirittura cercava di essere come lui anche nell'aspetto, tant'è che decise di farsi tagliare i capelli cortissimi pur di assomigliargli il più possibile.
Barrow è il classico centravanti moderno, talmente abile e duttile che all'occorrenza può ricoprire tutti i ruoli dell'attacco e adattarsi in tutte le posizioni, anche se il suo ruolo preferito rimane quello di attaccante.
È un ragazzo tranquillo, semplice, religioso (è un musulmano praticante); umile e riservato non ama stare sotto i riflettori e non ha mai dato adito a chiacchiere su di sé. Nonostante il suo trasferimento a Bologna, Bergamo rimane nel suo cuore. "Ho molto sofferto per quello che è successo lì con la pandemia. Ho ancora tanti amici in città e ho provato grande dolore con loro, per loro.".
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