Il genio di Robby Baggio. Dove ha giocato, cosa ha vinto, la storia di uno dei talenti più cristallini del calcio italiano.
Uno dei giocatori più fantasiosi e tecnici del panorama mondiale, capace di pensare in netto anticipo giocate impossibili da elaborare nella propria mente, figurarsi ad applicarle. Questo è Roberto Baggio, uno dei fenomeni italiani che più ha pagato dazio con la fortuna.
Caldogno è il paese in provincia di Vicenza che gli ha dato i natali. Roberto è il nome che suo padre, malato di calcio, ha voluto in onore di Bonisegna e Bettega, suoi idoli.
Muove i suoi primi passi nella squadra del suo paese, con il suo modo di fare timido fuori dal campo, ma straripante sul rettangolo verde. I primi a notarlo furono gli osservatori del Vicenza, che non ci penseranno due volte a farlo mettere sotto contratto.
Nelle giovanili fa gol e assist: 120 partite, 110 reti.
Uno dei suoi primi maestri, Giulio Savoini, lo coccola: «Tu sei il mio Zico». Va in panchina, in serie C1, a 16 anni. L’11 giugno 1983, ultima di campionato, Vicenza-Piacenza 0-1. Entra nella ripresa al posto del centrocampista Carlo Perrone. Nella stagione successiva Bruno Giorgi lo inserisce in prima squadra. Incanta con la sua fantasia e i suoi tocchi «brasiliani». Lo chiamano nelle nazionali Under 16 e Juniores. Due campionati in C1.
Nel primo solo sei presenze e un gol. Nel secondo, anno 1984, sempre con Giorgi, è titolare. Segna, dà spettacolo, è inseguito dagli operatori del calcio mercato.
È molto vicino alla Juve di Boniperti, ma in extremis la Fiorentina se lo assicura per poco più di 2 miliardi. Roberto ha 18 anni. II 3 maggio 1985 due giorni dopo la firma gioca a Rimini (allenato da Arrigo Sacchi), segna il gol del Vicenza, poi si fa male. E' un infortunio molto grave: rottura del crociato e del menisco della gamba destra.
Un trauma terribile, rischia di non giocare più. Lo operano in Francia, intervento delicatissimo del professor Bousquet, il chirurgo dei campioni. Il suo calvario però non finirà qui. Ritorna in campo e dopo una settimana si rompe il ginocchio. Si torna sotto i ferri. Altri mesi di stop e altro ritorno. Si rompe il menisco.
Baggio ha solo 20 anni, e trae la forza di ripartire solo grazie a sua madre Matilde
«La mamma era il mio angelo. Quanto mi e stata vicina, quanto mi ha aiutato. In ospedale, dopo le operazioni, stavo malissimo. Non potevo prendere antidolorifici e il dolore mi trapassava il cranio. Una volta mi sono girato verso di lei, che mi stava accanto, e le ho detto: “Mamma, sto malissimo. Se mi vuoi bene uccidimi perché io non ce la faccio più”. Lei mi accarezzava: “Non fare lo scemo, eh? Dai dai, tornerai come prima. Più bello e più forte».
La svolta arriva nell'allora magico San Paolo, nello stadio di Maradona, con un gol alla Maradona. È il primo in Seria A.
La Fiorentina lo porta in Nazionale, il primo gol contro l’Uruguay. Si sposa con Andreina, che conosce da sempre.
«Avevamo 15 anni, abitava vicino a casa mia, veniva nella mia scuola. Andreina all’inizio ha fatto fatica ad accettare la mia fede nel buddismo. Venivamo da famiglie cattoliche. Non era facile capire, per lei. Poi, quando ha capito che la fede per me era importante, si è avvicinata e abbiamo pregato insieme. La fede mi ha aiutato molto nella mia carriera. L’allenamento spirituale al coraggio mi ha fatto sopportare il dolore. Avevo male, sempre male. Ma non importava. Sono stato male molti anni, ma sono andato in campo. Se avessi dovuto giocare soltanto quando stavo bene, con quella gamba, con quelle ginocchia, avrei fatto due, tre partite all’anno. E invece ho resistito, mi è andata bene. Molti miei amici sono stati più sfortunati e hanno smesso subito».
Quindi arriva, con qualche anno di ritardo la Juve.
La sua cessione nell’anno del Mondiale di Italia ’90 scatena la rabbia dei tifosi viola: arresti, feriti, rabbia. Baggio è in ritiro a Coverciano con la Nazionale. L’atmosfera è elettrica, i tifosi contestano, il c.t. Azeglio Vicini fa chiudere il centro federale al pubblico. Robi cerca di concentrarsi solo sul Mondiale, convinto che arriverà il suo momento. C’è dualismo con Giannini, lui è un «dodicesimo di lusso». L’Italia gioca due partite, Robi non c’è. La gente e i critici lo invocano. Entra, in coppia con Schillaci, nella terza gara contro la Cecoslovacchia ed è subito spettacolo. Il 19 giugno 1990, a Roma, cominciano le Notti Magiche. Roberto segna uno dei suoi gol più belli.
Sappiamo purtroppo come andò a finire il Mondiale.
Alla Juve non sboccera' mai l'amore con i tifosi, complice anche un rigore che si rifiutò di battere con la Fiorentina. Gli scarsi risultati dei bianconeri faranno il resto.
La stagione '93-'94 però sarà quella della riappacificazione, gol a raffica, 4 all'Udinese, 3 al Foggia, 21 in totale, il Pallone d'Oro. Siamo all'apice della sua carriera. Ma il destino continua ad essergli beffardo.
Va al mondiale USA come star assoluta dell'Italia. Comincia male, con una sostituzione che lo porterà a dare del matto al ct Sacchi. Poi i gol contro Nigeria, Spagna e Bulgaria portando l'Italia in finale contro il Brasile. Il rigore sbagliato gli toglierà tutta la magia dell'avventura.
La stagione successiva sembra quella dell'inizio del declino. È l'ultima in bianconero, dove comincia ad avanzare un giovanissimo Alessandro Del Piero, che lo releghera' spesso in panchina. Anche però grazie ai suoi gol e ai suoi assist, la Juve vince lo scudetto spezzando l'egemonia del Milan. I rossoneri saranno proprio la sua destinazione. Sulla panchina Capello che rimetterà le cose in chiaro con la Seria A, riprendendo la catena di scudetti. Baggio, pur essendo spesso sostituito, ne è uno dei maggiori artefici, tanto da essere eletto giocatore dell'anno dai tifosi.
Il secondo anno rossonero è segnato da Oscar Washington Tabarez, uruguaiano. Tabarez fallisce, è esonerato. Al Milan torna Arrigo Sacchi. Va tutto male e Baggio soffre la panchina. A fine aprile 1997, Cesare Maldini lo riporta in Nazionale. A Napoli, Italia-Polonia, valida per le qualificazioni ai Mondiali 1998. Tre a zero: lui segna un gol splendido. Arrivi e partenze al Milan. Torna Capello, lascia Baggio. Per lui non c’è più spazio. Si arriva, anche con il Milan, alla separazione consensuale. In estate, un anno prima del Mondiale in Francia, Baggio sembra finito. Non è cosi.
Al Bologna trova Ulivieri, col quale non avrà un buon rapporto, ma segnerà il suo record in A con 22 gol. Quindi Francia '98. Cesare Maldini lo attende per provare a vincere il Mondiale. Ma si ripete il dualismo con Del Piero, che non gioverà alla Nazionale. L'avventura è una nuova delusione. Roberto segna contro il Cile e l’Austria, sfiora il golden gol contro la Francia ai quarti. L’Italia esce ai rigori, battuta dai francesi.
E Baggio si rimette in viaggio. Nell’estate 98, dopo una sola stagione, lascia Bologna e torna a Milano, stavolta all’Inter. Due campionati nerazzurri tormentati da molti infortuni (Ronaldo su tutti) e dai troppi cambi di panchina (Simoni, Lucescu, Hodgson, Castellini, Lippi). Robi non riesce a dare il massimo. Da ricordare i due gol in Champions al Real Madrid campione d’Europa. Poi, altri buoni colpi, emozioni ma – soprattutto – scontri con Marcello Lippi.
Nell’estate 2000, Gino Corioni, presidente del Brescia, lo convince: «Vieni da noi». Baggio incontra Carlo Mazzone, un bellissimo rapporto di stima e amicizia. Sor Cadetto lascia Robi libero di inventare. E allora arrivano i gol in un Brescia che fa ruotare Toni, Di Biagio, Pirlo e Guardiola. Baggio si ritrova in testa alla classifica dei marcatori, con otto gol nelle prime nove giornate. Sogna il Mondiale con la Nazionale (c’è Trapattoni alla guida) in Corea e Giappone. Ma il destino lo ferma: cede il ginocchio sinistro. La riabilitazione è da record, ritorno in campo dopo 76 giorni, in tempo per segnare tre gol nelle ultime tre partite. Ma Trapattoni non lo può più aspettare.
La delusione è grande, ma Roberto decide di andare ancora avanti. Gioca altri due anni, taglia il traguardo dei 200 gol (poi saranno 205). Un’ultima passerella azzurra a Genova con la Spagna. Il 16 maggio 2004, a San Siro, la Scala del calcio, si conclude la luminosa carriera del violinista Baggio: la gente canta e balla per lui. E un grande abbraccio a uno dei campioni più amati. Lucio Dalla dirà di lui
«A veder giocare Baggio ci si sente bambini… Baggio è l’impossibile che diventa possibile, una nevicata che scende giù da una porta aperta nel cielo».
Egidio DePadova
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