Parecchie superstar, intensità difensiva e un game-winner spettacolare: Golden State Warriors e Phoenix Suns non si sono fatte mancare nulla
Quella di stanotte era molto di più di una semplice partita tra la quinta e l'undicesima forza della Western Conference. Quella tra Golden State Warriors e Phoenix Suns era prima di tutto una speciale riunione di stelle NBA da entrambe le parti, tra cui l'ex dal dente avvelenato Kevin Durant, e inoltre una gara tra due squadre che, nell'ultimo periodo, sono sembrate parecchio in forma.
Il campo non ha affatto tradito le aspettative, regalando un match estremamente intenso e molto combattuto per tutta la sua durata, sempre in equilibrio, con avversari che si rispondevano colpo su colpo. Nel finale, come prevedibile, sono definitivamente uscite fuori le armi pesanti. E' partito Devin Booker, con 12 punti negli ultimi 3 minuti e mezzo, che sembravano aver indirizzato l'incontro verso Phoenix; ha risposto Stephen Curry, con il tiro della vittoria lanciato a nove metri dal canestro, che si è depositato sul fondo della retina a sette decimi di secondo dalla sirena finale.
Eppure, per quanto straordinaria, la partita è andata molto oltre quella tripla del numero 30, e vale la pena analizzarla.
Suns: è mancato (quasi) solo il risultato
Non si può rimproverare granché ai Phoenix Suns, che hanno giocato una partita solida e attenta, limitando - almeno per la maggior parte della partita - le scorribande di Curry, Kuminga e Thompson - e rispondendo puntualmente ad ogni parziale dei padroni di casa, nonostante una percentuale da tre punti abbastanza deficitaria (32%).
Tra i singoli, è da sottolineare la prestazione in crescita di Booker, autore di 32 punti e 6 assist con 11/21 dal campo. Un po' sottotono, dal punto di vista dell'efficienza, l'ex della serata Durant, che ha insolitamente chiuso con un misero 40% dal campo (10/25) e 6 pesantissime palle perse.
Contro una squadra in grado di attaccare in Pick&Roll in modo efficace, sono state messe in evidenza le difficoltà di Jusuf Nurkic nel difendere nello spazio; i Suns hanno trovato maggior ritmo passando al quintetto "small", con KD nel ruolo di centro.
Ingenuo Bradley Beal nel possesso difensivo decisivo, che nel tentativo di intercettare la rimessa lascia libero il miglior tiratore della storia del gioco.
Warriors sulle spalle del dominio di Green e Curry
Per gli Warriors quella di stanotte era una piccola prova del nove per confermare i progressi fatti nel corso delle ultime due settimane, ed è stata passata a buoni voti.
Il nuovo quintetto titolare, che prevede Curry, Thompson, Wiggins, Kuminga e Green, ha dato ulteriori risposte positive, così come il apporto dalla panchina del solito rookie Brandin Podziemski (10 punti e 7 assist) e di Gary Payton II (11 punti, 1 palla rubata, 1 stoppata), apparso subito pimpante alla prima partita dopo un lungo stop per infortunio.
Non ce ne voglia Curry, che con la consueta grandezza ha segnato 9 triple e 30 punti, ma la prestazione della notte è stata probabilmente quella di Draymond Green. Provocato fin da subito da Nurkic (protagonista dell'episodio che aveva fatto scatenare la lunga sospensione), Green ha mantenuto i nervi saldissimi e ha risposto sul campo; dominante in difesa, con il suo solito ruolo di coordinatore e rim protector, ma anche in attacco, agendo da organizzatore e da rollante in uscita dai raddoppi su Curry. Per una volta, anche le statistiche gli rendono pienamente merito: 15 punti, 9 assist, 7 su 9 dal campo.
Ancora bene Kuminga, con 21 punti e la solita abilità (vitale per Golden State) nel mettere pressione offensiva nel pitturato; sull'altra faccia della medaglia, ancora male Thompson (almeno offensivamente), che ha sbagliato 8 dei 10 tiri presi.
Il futuro ci dirà come interpretare questa partita della squadra di Steve Kerr: un fuoco di paglia o l'inizio di una svolta?
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