Il brutto ma efficace Pippo.
Storia di uno dei bomber più prolifici della storia italiana, non sempre aggraziato nelle gestualità, ma cecchino infallibile
In questo articolo vi raccontiamo la storia di uno dei bomber più prolifici della storia del calcio italiano.
Uno che nei suoi movimenti, sembrava avesse poco a che fare con il calcio, ma che era beneficiario di un dono di madre natura, che insabbia ogni tipologia di difetto: senso del gol.
Stiamo ovviamente parlando di Superpippo Inzaghi.
Lui era un predatore d'area, e come ogni predatore che si rispetti osserva. Appostato, in silenzio, guarda la sua vittima, ignara di quello che sta per succedere.
Basterà un attimo di distrazione, un momento di silenzio, un secondo in cui lo sguardo si poserà altrove, e il predatore si avventerà, pronto a dilaniare la sua vittima.
Pronto a mettere in scena, per l'ennesima volta, il copione della sua vita. Trascinato da quell'istinto che lo porta a sopravvivere, in un mondo in cui nessuno regala niente.
Quell'istinto, quella forza di volontà e quella fame che hanno trasformato il predatore in cio che è. Semplicemente il più temuto tra i suoi simili. Il terrore e l'incubo delle sue vittime.
Ma non siamo nella foresta o nella savana. Siamo nel verde, ma è il verde di un'area di rigore. Gol. Una parola che per Pippo ha sempre significato tutto. Non c'è mai stato altro. Solo e soltanto i gol. C'è chi costruisce, chi manovra, chi difende, chi organizza.
E poi c'è chi capitalizza gli sforzi di tutti. Chi ci mette il piedino.
La storia di SuperPippo parte da casa, parte dal gol.
Dai primi gol con la maglia del Leffe in serie C, dall'avventura a Verona, e dal ritorno a casa a Piacenza nel 1994. Sempre nel segno del gol, che sembra essere impresso nel DNA di quel ragazzo sgraziato ma veloce come una saetta.
Nell'estate del 1995 il Parma di Nevio Scala mette gli occhi sul ragazzo, e decide, senza paura, di dargli subito fiducia, regalandogli l'esordio in Serie A.
E Pippo ci mette poco a trovare il primo gol, proprio contro il suo Piacenza. A Parma però la concorrenza è parecchia, e nell'estate del 1996, la squadra ducale lo cede all'Atalanta. A fine anno saranno 24 le reti messe a segno da SuperPippo.
15 le vittime cadute sotto i suoi colpi: solo 3 squadre si salvano dalla furia dell'attaccante della Dea, che sarà naturalmente capocannoniere del torneo e trascinerà i bergamaschi al decimo posto della classifica.
Quindi il grande salto alla Juve.
Stagione 1997/1998. Inzaghi segna 27 gol, Del Piero 32. La Juventus vince lo scudetto, anche grazie alla decisiva tripletta di SuperPippo nella penultima gara del campionato, quella che si stava mettendo male contro il Bologna.
La Champions League sfuma solo nella finale di Amsterdam, persa con il Real. Quando si chiude l'esperienza in maglia bianconera nel 2001, saranno 89 i gol segnati con la maglia bianconera.
L'anno successivo l'approdo al Milan per 40 miliardi più il cartellino di Cristian Zenoni.
Il 2002 però è un anno maledetto perchè costernato dagli infortuni. Quello della gloria è invece il 2003. Soprattutto in Champions.
Segna una clamorosa tripletta a La Coruña, una doppietta al Bayern, e poi punisce anche il Borussia nella seconda fase a gironi. Nei quarti di finale il Milan affronta l'Ajax, e dopo lo 0-0 dell'andata ad Amsterdam si gioca tutto nella partita di ritorno a San Siro il 23 aprile del 2003. Partita sul 2-2 a tempo scaduto.
Maldini lancia il pallone della disperazione in una partita che sembra infinita. I due centrali dei lancieri sembrano avere vita facile. Ma Pippo è li in agguato a soffiare il pallone e a superare Lobont con un tocco leggero. Tomasson spinge il pallone oramai sulla linea, rischiando anche di farsi trovare in fuorigioco, ma gran merito del gol spetta proprio ad Inzaghi.
Il Milan supera l'Ajax, e poi, dopo un doppio derby con Inter e Juventus, vincerà la Champions nella finale di Manchester. I due anni successivi sono un tormento per SuperPippo, colpito da infortuni a raffica che gli impediscono di rimanere in campo con regolarità.
Riuscirà comunque a far parte della gloriosa spedizione in terra tedesca della Nazionale di Marcello Lippi, con un gol dei suoi alla Republica Ceca.
Nel 2007, però, è di nuovo tempo di Europa. Ad Atene, nella finale contro il Liverpool, la rivincita per il clamoroso ribaltone di due anni prima, SuperPippo si prende il proscenio e lo fa suo. Come un dio greco.
Prima Pippo riesce a trovarsi sulla traiettoria di una punizione di Andrea Pirlo. Non si sa come, non si sa perchè. Ma lui è lì, a deviare una punizione che sembrava innocua. A metterci una parte qualsiasi del corpo per segnare il gol dell'1-0.
E poi, a 9 minuti dalla fine, SuperPippo ci mette la firma, il sigillo che manda tutti a casa.
Gli anni successivi saranno quelli del lento declino, fino al ritiro a 38 anni suonati quando il fisico chiude battenti.
Una persona apparentemente pacata fuori dal campo, ma "particolare" negli spogliatoi, come racconta Pirlo nel suo libro, portando alla luce i suoi continui riti scaramantici, tra i quali quello di far visita frequentemente ai bagni di qualsiasi spogliatoio.
Ora l'avventura sulla panchina, che al momento non ha regalato molte gioie tra Milan e Bologna, se non fosse per la stagione in corso in quel di Benevento, in cui è riuscito a dare momentaneamente un distacco di ben 20 punti sulla seconda.
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