I Lakers senza rivali: vincono In-Season Tournament
L'In-Season Tournament NBA è stato un successo per tutti: gli spettatori sono, per la prima volta dopo anni, riusciti a godersi delle partite con un minimo di competitività anche ad inizio dicembre, la lega ne ha beneficiato sia a livello di immagine che di rating televisivi, ed i giocatori sono parsi entusiasti.
L'idea di Adam Silver sembra dunque aver funzionato alla grande, ed al netto di un paio di correttivi che possono essere indubbiamente messi in piedi, siamo certi che l'esperimento diventerà una costante nei prossimo futuro.
La vittoria dei Lakers
Sin da subito, la franchigia con maggior blasone di tutto il mondo NBA si è trovata perfettamente a suo agio all'interno di questo tipo di ambiente. Il torneo è stata infatti un'occasione ben sfruttata, oltre che per competere in un clima più simile a quello dei Playoffs, anche per migliorare notevolmente il record, essendo arrivate 6 vittorie su 6 prima della finale, valide anche per la classifica "tradizionale" della Regular Season (ricordiamo che la finale, al contrario, non viene conteggiata e fa storia a sé, rappresentando una sorta di "extra", anche per quanto riguarda il conteggio record e statistiche).
Molti dei giocatori che stavano avendo difficoltà, hanno trovato su questo palcoscenico il luogo perfetto per mettersi in mostra, primo fra tutti Can Reddish, fondamentale in entrambe le metà campo e capace di mettere tiri pesanti nelle partite più difficili, compresa questa ultima stessa.
L'inversione di tendenze che stavano affossando la stagione, come l'enorme difficoltà al tiro da 3 punti (ritornata comunque in questa finale, chiusa a 2/13), è stata una manna per i giallo-viola, con nomi come Taurean Prince che hanno completamente svoltato, si spera anche mentalmente, diventando finalmente quello che ci si aspettava al momento del loro arrivo.
Nota di merito per Austin Reaves, in grado, esattamente come nella post-season 2023, di alzare il livello nei momenti che contano, dominando il primo tempo con il suo massimo in carriera nei primi 24 minuti e gestendo anche i palloni decisivi in modo quasi perfetto.
Onore ai Pacers
Quello che si è visto nella finale, ovvero l'attacco di Indiana (fino ad allora inarrestabile) faticare contro una difesa preparata e con giocatori dal profilo perfetto per metterlo in difficoltà, non è una cosa che dovrebbe stupire più di tanto, ed anzi, era molto più che auspicabile succedesse addirittura nei turni precedenti.
Il solo fatto di essere arrivati fino a questo punto, rende enorme onore ai Pacers e al loro allenatore, Rick Carlisle, capaci, e capace, di mantenere la loro struttura offensiva anche durante tutta la gara, senza mai "tradire" il loro stile di gioco, il quale, fra l'altro, è completamente differente da quello fino ad ora sempre messo in campo dall'ex-allievo di Larry Brown, già campione NBA nel 2011, che si è però riuscito ad adattare all'evoluzione del gioco ed al roster messo a sua disposizione.
Due parole le merita anche Terese Haliburton, crocifisso dopo le cifre pedisseque registrate ieri ma vero eroe di questa cavalcata, che, anche in finale, nonostante le difficoltà, ha quasi sempre fatto la scelta giusta contro una difesa che ha giocato solo e soltanto per cercare di contenerlo, rischiando piuttosto di lasciare metri ai compagni, che hanno purtroppo tirato malissimo sia da 3 punti che al ferro, anche in situazioni di netto sovrannumero.
LeBron James: L'MVP
La finale è stata segnata, fin dai primissimi minuti, dal dominio assoluto di Anthony Davis, il lungo ex-Pelicans ha dimostrato come, contro una difesa del pitturato assolutamente inadeguata, sia in grado di essere assolutamente inarrestabile, aggiungendo a questo anche una fase difensiva elitaria e che, visti anche i numeri clamorosi (41 punti, 20 rimbalzi e 4 stoppate), avrebbero potuto valergli il titolo di MVP.
Il premio se lo è invece portato a casa l'uomo che da oltre 20 anni rappresenta la faccia di questa lega, scelta più che corretta e quasi unanime, essendo esso riferito all'intero torneo. James ha messo in mostra una forma fisica completamente inspiegabile per un giocatore della sua età e con il suo chilometraggio alle spalle, caricandosi i Lakers sulle spalle nell'unica partita veramente in bilico di questa fase ad eliminazione diretta, quella con i Phoenix Suns.
Chiude la sua prima NBA Cup a 26.4 punti, 8.4 rimbalzi e 7.0 assist di media, ma soprattutto mantenendo un'efficienza a dir poco folle, avendo tirato con il 56.8% dal campo e il 60.6% da 3 punti, nonostante una partita finale in cui per larghi tratti ha lasciato la scena ai compagni.
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