Carbone sotto l'albero per i Warriors: la spuntano i Nuggets
Il Christmas Day è una vera e propria tradizione per gli appassionati NBA: le partite del 25 dicembre, per quanto facciano parte della regular season, non sono come tutte le altre. Si trovano sotto gli occhi di numerosissime famiglie negli Stati Uniti e in tutto il Mondo, riunite a tavola per celebrare il giorno di Natale, pronte in ogni stante ad allungare l'occhio verso la giocata spettacolare. Si tratta, non a caso, solitamente di una delle giornate più importanti in termini di rating televisivi per la Lega durante la stagione, mentre festività come il Ringraziamento sono maggiormente dedicate al football. Vincere, dunque, vale un pochino di più in questa circostanza.
Brutto Jokic, bella Denver
Dopo il grande debutto al Christmas Day dello scorso anno, Nikola Jokic si è presentato in una forma più umana. Non bisogna fraintendere, si tratta comunque di una quasi tripla-doppia sfiorata da 26 punti, 14 rimbalzi e 8 assist, ma con una pessima efficienza al tiro, 4 tiri segnati su 12 tentativi totali. A boostare i numeri del due volte MVP sono i 14 tiri liberi del secondo tempo, nel corso del quale ha sfruttato in parte il vantaggio in termini di taglia, in parte il proprio status e in parte il bonus ottenuto presto dai Nuggets nel terzo quarto - dove Jokic ha tentato 10 liberi. La squadra allenata da coach Michael Malone è apparsa comunque quasi per tutto il tempo in controllo con i titolari in campo, ma è arrivata a chiuderla solo nel finale per una gestione non ottimale del minutaggio della panchina: le riserve dei Denver Nuggets hanno tutte chiuso con un plus/minus negativo, mentre i membri della starting lineup con uno molto positivo. In poche parole, senza i titolari la squadra ha faticato molto. La scelta, soprattutto nel primo tempo, di schierare un quintetto di soli panchinari ha permesso a Golden State di rientrare e di prendere fiducia, tanto che ci è voluto un Jamal Murray da 28 punti - di cui 17 nel secondo tempo - per chiudere la pratica. La stoccata finale è proprio dell'ex Kentucky che, con la partita "on the line" e Golden State a un solo possesso di distanza, ha segnato 5 punti in fila in 24 secondi con poco meno di 3 minuti da giocare. Denver consolida così il secondo posto a ovest, continuando a velocità di crociera in direzione Playoffs.
Warriors, sconfitta e polemiche
Chi fatica, invece, è Golden State. Le gare di Natale sono notoriamente un vero e proprio incubo per Stephen Curry, che anche oggi ha chiuso con soli 18 punti, un pessimo 7 su 21 dal campo e -26 di plus/minus, il peggior dato fra i giocatori di ambo le squadre. Il #30 ha faticato per tutta la partita nonostante un accoppiamento non proprio sfavorevole, sbagliando tanti tiri dalla distanza senza riuscire a trovare mai ritmo, nonostante un secondo tempo maggiormente aggressivo, soprattutto verso il ferro. L'idea dei Nuggets di mettergli molta pressione palla in mano, con raddoppi o uscite alte, si è rivelata vincente, nonostante una buona prova di gran parte dei role player dei Golden State Warriors. L'assenza di Draymond Green si è fatta sentire più che mai in una partita come questa, non tanto in termini emotivi, quanto tattici, trattandosi di un ottimo partner di pick&roll, capace di leggere il gioco in caso di scarico da parte del portatore raddoppiato (come successo a Curry per gran parte della gara) per armare gli altri tiratori sulle rotazioni in emergenza della difesa di Denver. Inoltre, la sua stazza avrebbe impedito di vedere in campo per così tanto tempo quintetti con Chris Paul assieme a Curry e Thompson, troppo piccoli e poco fisici rispetto agli avversari e incapaci di disturbare, per esempio, un Aaron Gordon da 7 su 10 dal campo - che ha sbagliato 3 tiri solo perché battezzato da tre punti. Polemiche, infine, da parte di coach Steve Kerr, che se ne è uscito con parole forti sull'arbitraggio, dichiarando che "se fosse stato un tifoso, non avrebbe voluto guardare il secondo tempo, è stato disgustoso". Un tema sempre vivo, soprattutto quando il contesto si fa un po' più competitivo, come in questi casi, sebbene effettivamente i 26 tiri liberi tentati dai Nuggets nel secondo tempo facciano un po' sgranare gli occhi. Ad ogni modo, i problemi di squadra non nascono certo oggi: Golden State ha un record di 15 vittorie e 15 sconfitte, valido per l'11esimo posto nella Western Conference, addirittura fuori dalla zona Play-In. La striscia di 5 successi consecutivi conclusasi in questo Natale è positiva, ma non abbastanza da rendere ancora sufficiente la stagione dei Dubs.
La lista dei buoni e dei cattivi
Che Natale sarebbe, senza il listone? Sponda Denver, davvero eccellente la prestazione di Michael Porter Jr. su tutte e due le metà campo: il tiratore dei Nuggets ha chiuso con 4 stoppate, giganteggiando in aiuto e in generale nella difesa senza palla, segnando anche 15 punti nel solo primo tempo prima di chiudere una doppia-doppia da 19 e 10 rimbalzi. Solidissima anche la partita del già citato Gordon e di Kentavious Caldwell-Pope, mentre fra i cattivi non può che rientrare l'intera panchina di coach Malone, totalmente malmenata dagli avversari. A tal proposito, molto positiva è la prova di Trayce Jackson-Davis per Golden State: attivo in difesa, costituisce un lob threat di alto livello necessario per l'attacco di squadra, soprattutto come soluzione sul pick&roll. Bene anche un ritrovato Andrew Wiggins, che ha fatto vedere alcuni flash del giocatore visto nella Baia prima dei passati Playoffs, apparentemente scomparso in questa stagione. Molto bene anche Brandin Podziemski, attivo a rimbalzo d'attacco, e Jonathan Kuminga, più energico che mai partendo fra i titolari e forse l'unico - assieme a TJD - capace di pareggiare il mix di intensità e tagli dei diretti avversari. Male, come detto, Curry, e malissimo Klay Thompson, finito del tutto fuori partita con un 3 su 12 dal campo e annichilito più volte da Porter Jr.
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