Analisi NBA: i Timberwolves (senza Towns) superano in volata gli Warriors

Tutta la solidità dei Minnesota Timberwolves nell'importante vittoria contro gli Warriors di Stephen Curry

La sfida tra Minnesota Timberwolves e Golden State Warriors si è presentata con ruoli invertiti rispetto a quelli a cui eravamo abituati fino a due anni fa. I Timberwolves erano infatti a caccia di un avvicinamento ai primi due posti della Western Conference, mentre gli Warriors sono impegnati a difendersi dall'assalto dei Rockets per il decimo posto, ultimo disponibile per il Play-In Tournament.

E alla fine, nonostante l'assenza di Karl-Anthony Towns (ai box per un problema al ginocchio), ha vinto ancora una volta la squadra che durante l'anno si è dimostrata più forte e solida.

In una gara parecchio equilibrata, fatta di parziali e contro-parziali, i Timberwolves hanno saputo fare le giocate corrette nel quarto quarto, spinti dall'aiuto di un pubblico molto rumoroso.

Timberwolves: spallata finale da grande squadra

Eppure l'approccio al match non era stato da grande squadra: tante palle perse e subito uno svantaggio accumulato contro una compagine comunque pericolosa come quella di Golden State. 

A tenere in vita la squadra di coach Finch nel primo tempo sono state in particolare due individualità: Naz Reid, autore di un avvio spettacolare con 17 punti in un quarto e mezzo, e il solito Anthony Edwards (12 punti nel secondo quarto), con una serie di canestri di talento in isolamento vitali per restare a contatto mentre l'attacco corale non funzionava.

In difesa, Minnesota ha subito i tiratori a disposizione degli Warriors, perfetti per punire la difesa in drop coverage di Rudy Gobert sui blocchi.

Nel secondo tempo si sono visti i veri Timberwolves, soprattutto in attacco, molto più fluido e in ritmo. Edwards ha lasciato il posto a Mike Conley (14 punti), Rudy Gobert (17 punti), Kyle Alexander-Walker (11 punti) e gli altri elementi di un ottimo supporting cast. 

Le altissime percentuali dal perimetro (52% su 40 tentativi) hanno saputo nascondere le grandi difficoltà incontrate nel concludere nel pitturato (43% nei tiri da due). 

A rivelarsi decisiva per la vittoria è stata la run da 19-7 nella prima parte di quarto quarto, che ha permesso un discreto margine di errore per gli ultimissimi minuti.

Warriors: un'altra sconfitta in clutch time

In questa stagione gli Warriors sono primi in NBA per clutch time (partita con punteggio ravvicinato negli ultimi 5 minuti) giocati (41), e secondi per partite perse in clutch time (ben 23). La partita di stanotte ha dunque seguito un pattern ormai ben consolidato, specialmente in trasferta: buona partenza, buon piano partita, e poi una serie di errori fatali commessi nel finale.

Pur senza mai toccare vantaggi altissimi Golden State ha indubbiamente comandato il match per tre quarti della sua durata, attraverso un intelligente game-plan offensivo e una difesa che, con la presenza di Draymond Green e Trayce Jackson-Davis, ha saputo difendere alla perfezione l'interno dell'area.

A commettere l'errore più grande è stato forse l'allenatore, Steve Kerr, che ha scelto di tenere fuori Stephen Curry per ben 10 minuti consecutivi tra la fine nel terzo quarto e l'inizio del quarto quarto: il lasso di tempo in cui si è concentrato il grosso del parziale dei Timberwolves. 

Al rientro sul parquet a 6 minuti dalla fine, Curry ha segnato 9 punti, portando i suoi alla possibilità di pareggiare i conti ad una manciata di secondi dalla fine, sfumata con il tiro sbagliato da Klay Thompson.

Ora i Dubs hanno una sola vittoria di vantaggio sui Rockets, da proteggere per evitare quello che sarebbe un clamoroso scivolamento all'undicesimo posto.
 

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